Whose Throat-Singing? La disputa sulla proprietà del Khoomei tra Cina e Mongolia
Nel 2009-2010, la Repubblica Popolare Cinese ha inoltrato all’UNESCO una miriade di richieste di diritti sui patrimoni culturali immateriali. Tra le varie richieste ce ne era una che reclamava l’arte mongola del Khoomei come parte del patrimonio culturale immateriale della Cina. Quando la decisione di assegnare alla Cina i diritti sul Khoomei divenne nota pubblicamente, ci fu parecchia indignazione tra i mongoli in Cina, Mongolia e altrove. L’anno seguente, anche la Mongolia invia una richiesta all’UNESCO per lo stesso patrimonio culturale, e ne ha infine ottenuto i diritti.
In che modo il Khoomei è usato da Cina e Mongolia per affermare la propria identità nazionale, e quali sono le motivazioni più profonde che stanno dietro a queste affermazioni? Com’è che, attraverso un’entità globale di mediazione come l’UNESCO, il Khoomei è arrivato a rappresentare sia la Cina che la Mongolia? Inoltre, che ruolo hanno gli operatori esterni (come i governi stranieri e le ONG) nell’influenzare le decisioni di formazione e rappresentazione dell’identità verso la più ampia comunità globale, la quale si occupa di questioni relative alla proprietà culturale?
Questo documento, supportato da un precedente lavoro sul campo e da una ricerca attualmente in corso, tratta di come la Cina utilizzi il patrimonio culturale delle sue minoranze etniche al fine di proiettare sulla scena mondiale un’immagine di una nazione unitaria e armoniosa, e di come tali patrimoni culturali siano trasformati da tradizioni locali in simboli nazionali e mode internazionali. Il documento utilizzerà la disputa sulla proprietà del Khoomei come un caso di studio per far luce sulla politica della “musica come proprietà pubblica” e sul passaggio verso il controllo statale di un popolo, della la sua storia e cultura.
[tradotto da questo abstract]
